'O paese d'o sole ...

'O paese d'o sole ...
"" Chist'è 'o paese d''o sole, chist'è 'o paese d''o mare, chist'è 'o paese addò tutt' 'e pparole, sò doce o sò amare, sò sempe parole d'ammore ... "" - (Cliccate sull'immagine per ascoltare questa meravigliosa canzone, interpretata dallo straordinario Bruno Venturini).

lunedì 29 aprile 2013

'A mamma.


'A MAMMA.
____________________________________

CHI TENE A MAMMA
E' RICCO E NUN O SAPE.
CHI A VO' BBENE E' FELICE
E NUN L'APPREZZA.
PECCHE' L'AMMORE
E NA MAMMA
E' NA RICCHEZZA,
E' COMME O MARE
CA NUN FERNESCE MAI.
A MAMMA TUTTO TE DA'
E NUN TE CHIEDE,
E SI TE VEDE E CHIAGNERE,
SENZA SAPE' PECCHE',
T'ABBRACCIA E TE DICE:
" figlio!!!! "
E CHIAGNE NSIEME A TE.

(Salvatore Di Giacomo)
____________________________________
 
 
____________________________________

domenica 28 aprile 2013

I cannelloni alla napoletana.

I cannelloni alla napoletana.
____________________________________

Tempo di realizzazione 30 minuti.

Tempo di cottura 20 minuti.

Ingredienti per 4 persone:

Per la pasta: 300 g di farina, 2 uova, sale

Per il ripieno: 250 g di ricotta, 250 g di mozzarella, 100 g di prosciutto, 2 uova, 80 g di parmigiano grattugiato, sale e pepe, ragù, prezzemolo.

Preparazione.

Preparate la pasta mescolando la farina con le uova, sale ed un po' di acqua tiepida, lasciatela riposare per un'ora, poi stendetela in una sfoglia sottile e ricavatene dei quadrati di circa 12 cm di lato.

In una terrina battete le uova con il parmigiano, sale, pepe e prezzemolo tritato, mescolate la ricotta schiacciata, il fiordilatte a dadini ed il prosciutto tritato.

Portate ad ebollizione l'acqua con un cucchiaio di olio in una pentola larga e bassa e calatevi i quadrati di pasta, scolateli al dente e poneteli ad asciugare su un telo.

Distribuite un po' di ripieno su ogni quadrato e confezionate i cannelloni.

In una pirofila versate un mestolo di ragù, disponete i cannelloni l'uno vicino all'altro in un solo strato, cospargete di parmigiano e ricoprite di ragù. Infornate a fuoco vivace per 20 minuti circa.
____________________________________



____________________________________

sabato 27 aprile 2013

Piazza della Borsa ovvero Piazza Giovanni Bovio.

Piazza della Borsa ovvero Piazza Giovanni Bovio.
____________________________________

L'immagine del Monastero di Santa Chiara in Napoli che a me piace di più è quella riprodotta nella foto che correda questo post, ma nel link che qui segue ne potrete vedere quante ne volete, anche di più belle e suggestive di quella che piace a me:

https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1243&bih=468&q=piazza+borsa&oq=piazza+borsa&gs_l=img.12...21280.28660.0.31112.12.12.0.0.0.0.0.0..0.0...0.0...1ac.1.12.img.PXdMZO8oBy0
____________________________________



____________________________________

Il palazzo della Borsa (il primo che si vede a sinistra nella foto, è del 1895, da un progetto di Alfonso Guerra e Luigi Ferrara) – oggi sede della Camera di Commercio di Napoli – ed è preceduto dalla scalinata, con ai lati i leoni di bronzo di Luigi De Luca.

Nasce dai lavori del Risanamento, nella nuova piazza Giovanni Bovio (1841-1903, filosofo e politico che ha abitato a lungo in queste mura) ed è realizzata nell’area delle piazzette del Mercato di Porto.
Qui, nel 1898, viene trasferita la fontana del Nettuno, di recente riportata nella collocazione seicentesca in via Medina (vedi San Giuseppe), in conseguenza dei lavori della linea 1 della metropolitana cittadina.

Inglobata nel palazzo ottocentesco, è la cappella di Sant’Aspreno (intorno al VIII secolo d.C.), che è una delle poche testimonianze di architettura bizantina in città, ricordata anche come Sant’Aspreno al Porto o ai Tintori, dimora, secondo la tradizione, del santo e primo vescovo di Napoli, trasformata già nei restauri del Seicento: dell’impianto originario resta il sacello, l’ipogeo che custodisce un altare dell’VIII secolo d.C.; nella sistemazione ottocentesca vengono riutilizzati, nell’ingresso a forcipe, capitelli del chiostro del monastero di San Pietro ad Aram, abbattuto per i lavori del Rettifilo.
____________________________________




____________________________________

(Tratto da: http://www.napoliperquartiere.it/palazzo-della-borsa-2/ )

venerdì 26 aprile 2013

Il Monastero di Santa Chiara.

Il Monastero di Santa Chiara.
____________________________________

L'immagine del Monastero di Santa Chiara in Napoli che a me piace di più è quella riprodotta nella foto che correda questo post, poichè, tra l'altro, riproduce la stella ad 8 punte, e l'8 è il numero della Madonnina benedetta, contrariamente al 6, che è il numero di satana e sul quale l'8 ha sempre prevalso (non solo per ragioni numeriche ... ),
____________________________________

Foto: VEDI NAPOLI E POI MUORI ...
 ____________________________________ 

L'immagine del Monastero di Santa Chiara in Napoli che a me piace di più è quella riprodotta nella foto che correda questo post, poichè, tra l'altro, riproduce la stella ad 8 punte, e l'8 è il numero della Madonnina benedetta ... , contrariamente al 6, che è il numero di satana e sul quale l'8 ha sempre prevalso (non solo per ragioni numeriche ... ), ma nel link che qui segue ne potrete vedere quante ne volete, anche di più belle e suggestive di quella che piace a me.
 
https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1243&bih=468&q=monastero+di+santa+chiara%2C+napoli&oq=monastero+di+santa+chiara%2C+napoli&gs_l=img.3...843.5964.0.6701.12.12.0.0.0.0.0.0..0.0...0.0...1ac.1.11.img.8-romAzUbco 

Il Monastero o Complesso Monumentale di Santa Chiara, comprendente la Chiesa, il Monastero ed il Convento, fu innalzato dal 1310 al 1328 per volere del monarca Roberto D’Angiò e di sua moglie Sancia di Maiorca. I sovrani, entrambi devoti a San Francesco di Assisi ed a Santa Chiara, vollero costruire una cittadella francescana che accogliesse nel monastero le Clarisse e, nel convento adiacente, i Frati Minori. 
La Chiesa, nucleo centrale dell’intero complesso, sorse con il titolo di Ostia Santa o Sacro Corpo di Cristo, dedicazione suggerita dal Miracolo Eucaristico di Bolsena, avvenuto nel 1264; la suddetta denominazione mutò da subito in Santa Chiara, probabilmente per lo straordinario numero di Clarisse presenti nel monastero.
 
Dopo un accurato lavoro di restauro, interamente sostenuto dalla comunità dei frati minori custodi della Basilica di Santa Chiara in Napoli, tornano a far sentire le loro potenti note le campane del celebre Campanile angioino. 

La possente torre campanaria che si erge isolata di fronte alla basilica, ospita fin dalla sua prima edificazione risalente al 1328, un complesso di cinque grandi campane, rifuse tra il 1687 e il 1750. 

La campana centrale, detta anche “ o' campanone”, che è la maggiore del concerto, fu donata da Roberto d’Angiò, e quella a ponente dalla regina Sancia. Di più difficile datazione sono la grande campana posta a sud, la campana collocata nel finestrone posto a oriente e la più piccola del concerto. 

Nella vita della città le campane di Santa Chiara ebbero un ruolo importante partecipando agli eventi vissuti dai napoletani. Va ricordato, a tal proposito, l’annuncio di resurrezione dato dai sacri bronzi il 20 febbraio 1949, alle ore 17, trasmesso da Radio Roma su tutto il territorio nazionale, a compimento dei lavori di restauro della Basilica di S. Chiara e della torre campanaria seriamente danneggiata dall’incendio dell’agosto 1943 a seguito del Bombardamento. 

Il lavoro di restauro fu eseguito dalla celebre Ditta Carmine Capezzuto di Napoli e le Campane continuarono a suonare fino al 23 novembre del 1980. A seguito del catastrofico sisma le Campane rimasero in silenzio fino alla celebrazione del grande Giubileo del 2000. Purtroppo l’impianto in quest’ultimo decennio è stato seriamente danneggiato da eventi atmosferici e dall’usura del tempo. Si sono resi necessari, pertanto, gli odierni lavori di ripristino elettromeccanico del complesso di Campane. I lavori sono stati affidati alla Ditta S.A.I.E. di Striano (NA) dei fratelli Manna. 

Tali lavori hanno comportato, in particolare, la sostituzione dei batacchi di tutte le Campane con altri in ferro dolce dotati di sistema di sicurezza al fine di assicurare una corretta percussione dei bronzi. Sono stati sostituti i motori per il movimento a distesa, ora dotati di sistema di frenatura e controllo delle spinte, nonché il sistema di automazione nel suo complesso grazie al quale potranno essere ripristinate le originarie modalità di suono del complesso campanario. 

Domenica 17 marzo 2013 alle ore 12.00, prima della Celebrazione della Santa Messa, fra' Salvatore Vilardi, P. Guardiano della fraternità, ha benedettto il restaurato concerto campanario restituito finalmente alla città in tutto il suo antico e “sonoro” splendore. La fraternità dei frati di S. Chiara, con grande sacrificio, si è impegnata affinché il suono delle Campane sia auspicio e segno di una Napoli che vuole risorgere dai troppi mali che tutt'ora l’affliggono.

____________________________________

 
ma nel link che qui segue ne potrete vedere quante ne volete, anche di più belle e suggestive di quella che piace a me.

https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1243&bih=468&q=monastero+di+santa+chiara%2C+napoli&oq=monastero+di+santa+chiara%2C+napoli&gs_l=img.3...843.5964.0.6701.12.12.0.0.0.0.0.0..0.0...0.0...1ac.1.11.img.8-romAzUbco

Il Monastero o Complesso Monumentale di Santa Chiara, comprendente la Chiesa, il Monastero ed il Convento, fu innalzato dal 1310 al 1328 per volere del monarca Roberto D’Angiò e di sua moglie Sancia di Maiorca. I sovrani, entrambi devoti a San Francesco di Assisi ed a Santa Chiara, vollero costruire una cittadella francescana che accogliesse nel monastero le Clarisse e, nel convento adiacente, i Frati Minori.

La Chiesa, nucleo centrale dell’intero complesso, sorse con il titolo di Ostia Santa o Sacro Corpo di Cristo, dedicazione suggerita dal Miracolo Eucaristico di Bolsena, avvenuto nel 1264; la suddetta denominazione mutò da subito in Santa Chiara, probabilmente per lo straordinario numero di Clarisse presenti nel monastero. 

giovedì 25 aprile 2013

Il Duomo di San Gennaro.

Il Duomo di San Gennaro.
____________________________________

L'immagine del Duomo di San Gennaro in Napoli che a me piace di più è quella riprodotta nella foto che correda questo mio post, poichè, tra l'altro, si compone di 8 lucernari, e l'8 è il numero della Madonnina benedetta, ma nel link che segue ne potrete vedere quante ne volete, anche di più belle e suggestive.
____________________________________

 Foto: VEDI NAPOLI E POI MUORI ...
____________________________________ 

L'immagine del Duomo di San Gennaro in Napoli che a me piace di più è quella riprodotta nella foto che correda questo mio post, poichè, tra l'altro, si compone di 8 lucernari, e l'8 è il numero della Madonnina benedetta ... , ma nel link che segue ne potrete vedere quante ne volete, anche di più belle e suggestive.

https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1243&bih=468&q=duomo+di+san+gennaro+napoli&oq=duomo+di+san+gennaro&gs_l=img.3.1.0l2j0i24l2.21369.26249.0.31327.20.13.0.0.0.0.993.3203.0j1j0j2j1j0j2.6.0...0.0...1ac.1.11.img.XyHPJfuEYc4#imgrc=_ 
____________________________________ 

La storia.
____________________________________ 

San Gennaro Vescovo e Martire.

Molti documenti antichi ci confermano che S. Gennaro è nato in Calabria precisamente a Caroniti , frazione di Ioppolo (paesino, fino a qualche anno fa in provincia di Catanzaro, ma ora di Vibo Valentia), nella seconda metà del III secolo, e fu eletto vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani. Nel contesto delle persecuzioni di Diocleziano si inserisce la storia del suo martirio. Egli conosceva il diacono Sosso (o Sossio) che guidava la comunità cristiana di Miseno e che fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania. Gennaro saputo dell'arresto di Sosso, volle recarsi insieme a due compagni, Festo e Desiderio a portargli il suo conforto in carcere. Dragonio informato della sua presenza e intromissione, fece arrestare anche loro tre, provocando le proteste di Procolo, diacono di Pozzuoli e di due fedeli cristiani della stessa città, Eutiche ed Acuzio. Anche questi tre furono arrestati e condannati insieme agli altri a morire nell'anfiteatro, ancora oggi esistente, per essere sbranati dagli orsi. Ma durante i preparativi il proconsole Dragonio, si accorse che il popolo dimostrava simpatia verso i prigionieri e quindi prevedendo disordini durante i cosiddetti giochi, cambiò decisione e il 19 settembre del 305 fece decapitare i prigionieri. (Avvenire) 

Etimologia: Gennaro = nato nel mese di gennaio, dal latino.

Martirologio Romano: San Gennaro, vescovo di Benevento e martire, che in tempo di persecuzione contro la fede, a Pozzuoli vicino a Napoli subì il martirio per Cristo. 

Fra i santi dell’antichità è certamente uno dei più venerati dai fedeli e se poi consideriamo che questi fedeli, sono primariamente napoletani, si può comprendere per la nota estemporaneità e focosa fede che li distingue, perché il suo culto, travalicando i secoli, sia giunto intatto fino a noi, accompagnato periodicamente dal misterioso prodigio della liquefazione del suo sangue, che tanto attira i napoletani.
Prima di tutto il suo nome diffuso in Campania e anche nel Sud Italia, risale al latino ‘Ianuarius’ derivato da ‘Ianus’ (Giano), il dio bifronte delle chiavi del cielo, dell’inizio dell’anno e del passaggio delle porte e delle case.
Il nome era in genere attribuito ai bambini nati nel mese di gennaio “Ianuarius”, undicesimo mese dell’anno, secondo il calendario romano, ma il primo dopo la riforma del II secolo d.C.
Gennaro appartenne alla gens Ianuaria, perché Ianuarius, che significa “consacrato al dio Ianus”, non era il suo nome, che non ci è pervenuto, ma il gentilizio corrispondente al nostro cognome.
Vi sono ben sette antichi ‘Atti’, ‘Passio’, ‘Vitae’, che parlano di Gennaro, e, fra i più celebri gli “Atti Bolognesi” e gli “Atti Vaticani”. Da questi documenti si apprende che Gennaro (nato a Napoli?) nella seconda metà del III secolo, fu eletto vescovo di Benevento (come, molti secoli dopo, Sant'Alfonso Maria de' Liguori) dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani per la cura, che impiegava nelle opere di carità a tutti indistintamente; si era nel primo periodo dell’impero di Diocleziano (243-313), il quale permise ai cristiani di occupare anche posti di prestigio e una certa libertà di culto. 
Nella sua vecchiaia però, sotto la pressione del suo cesare Galerio (293), firmò ben tre editti contro i cristiani, provocando una delle più feroci persecuzioni, colpendo la Chiesa nei suoi membri e nei suoi averi, per impedirle di soccorrere i poveri e spezzare così il favore popolare.
E in questo contesto s’inserisce la storia del martirio di Gennaro; egli conosceva il diacono Sosso (o Sossio) che guidava la comunità cristiana di Miseno, importante porto romano sulla costa occidentale del litorale flegreo; Sosso fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania, per le funzioni religiose che quotidianamente venivano celebrate nonostante i divieti.
In quel periodo il vescovo di Benevento Gennaro, accompagnato dal diacono Festo e dal lettore Desiderio, si trovavano a Pozzuoli in incognito, visto il gran numero di pagani che si recavano nella vicinissima Cuma ad ascoltare gli oracoli della Sibilla Cumana e aveva ricevuto di nascosto anche qualche visita del diacono di Miseno (località tutte vicinissime tra loro).
Gennaro saputo dell’arresto di Sosso, volle recarsi insieme ai suoi due compagni Festo e Desiderio a portargli il suo conforto in carcere e anche con alcuni scritti, per esortarlo insieme agli altri cristiani prigionieri a resistere nella fede.
Il giudice Dragonio informato della sua presenza e intromissione, fece arrestare anche loro tre, provocando le proteste di Procolo, diacono di Pozzuoli e di due fedeli cristiani della stessa città, Eutiche ed Acuzio.
Anche questi tre furono arrestati e condannati insieme agli altri a morire nell’anfiteatro, ancora oggi esistente, per essere sbranati dagli orsi, in un pubblico spettacolo. Ma durante i preparativi il proconsole Dragonio, si accorse che il popolo dimostrava simpatia verso i prigionieri e quindi prevedendo disordini durante i cosiddetti giochi, cambiò decisione e il 19 settembre del 305 fece decapitare i prigionieri cristiani nel Foro di Vulcano, presso la celebre Solfatara di Pozzuoli.
Si racconta che una donna di nome Eusebia riuscì a raccogliere in due ampolle (i cosiddetti lacrimatoi) parte del sangue del vescovo e conservarlo con molta venerazione; era usanza dei cristiani dell’epoca di cercare di raccogliere corpi o parte di corpi, abiti, ecc. per poter poi venerarli come reliquie dei loro martiri.
I cristiani di Pozzuoli, nottetempo seppellirono i corpi dei martiri nell’agro Marciano presso la Solfatara; si presume che s. Gennaro avesse sui 35 anni, come pure giovani, erano i suoi compagni di martirio. Oltre un secolo dopo, nel 431 (13 aprile) si trasportarono le reliquie del solo s. Gennaro da Pozzuoli nelle catacombe di Capodimonte a Napoli, dette poi “Catacombe di S. Gennaro”, per volontà dal vescovo di Napoli, s. Giovanni I e sistemate vicino a quelle di s. Agrippino vescovo. 
Le reliquie degli altri sei martiri, hanno una storia a parte per le loro traslazioni, ma in maggioranza ebbero culto e spostamento nelle loro zone di origine. 
Durante il trasporto delle reliquie di s. Gennaro a Napoli, la suddetta Eusebia o altra donna, alla quale le aveva affidate prima di morire, consegnò al vescovo le due ampolline contenenti il sangue del martire; a ricordo delle tappe della solenne traslazione vennero erette due cappelle: S. Gennariello al Vomero e San Gennaro ad Antignano.
Il culto per il santo vescovo si diffuse fortemente con il trascorrere del tempo, per cui fu necessario l’ampliamento della catacomba. Affreschi, iscrizioni, mosaici e dipinti, rinvenuti nel cimitero sotterraneo, dimostrano che il culto del martire era vivo sin dal V secolo, tanto è vero che molti cristiani volevano essere seppelliti accanto a lui e le loro tombe erano ornate di sue immagini.
Va notato che già nel V secolo il martire Gennaro era considerato ‘santo’ secondo l’antica usanza ecclesiastica, canonizzazione poi confermata da papa Sisto V nel 1586. La tomba divenne come già detto, meta di continui pellegrinaggi per i grandi prodigi che gli venivano attribuiti; nel 472 ad esempio, in occasione di una violenta eruzione del Vesuvio, i napoletani accorsero in massa nella catacomba per chiedere la sua intercessione, iniziando così l’abitudine ad invocarlo nei terremoti e nelle eruzioni, e mentre aumentava il culto per s. Gennaro, diminuiva man mano quello per s. Agrippino vescovo, fino allora patrono della città di Napoli; dal 472 s. Gennaro cominciò ad assumere il rango di patrono principale della città. 
Durante un’altra eruzione nel 512, fu lo stesso vescovo di Napoli, s. Stefano I, ad iniziare le preghiere propiziatorie; dopo fece costruire in suo onore, accanto alla basilica costantiniana di S. Restituta (prima cattedrale di Napoli), una chiesa detta Stefania, sulla quale verso la fine del secolo XIII, venne eretto il Duomo; riponendo nella cripta il cranio e la teca con le ampolle del sangue.
Questa provvidenziale decisione, preservò le suddette reliquie, dal furto operato dal longobardo Sicone, che durante l’assedio di Napoli dell’831, penetrò nelle catacombe, allora fuori della cinta muraria della città, asportando le altre ossa del santo che furono portate a Benevento, sede del ducato longobardo. 
Le ossa restarono in questa città fino al 1156, quando vennero traslate nel santuario di Montevergine (AV), dove rimasero per tre secoli, addirittura se ne perdettero le tracce, finché durante alcuni scavi effettuati nel 1480, casualmente furono ritrovate sotto l’altare maggiore, insieme a quelle di altri santi, ma ben individuate da una lamina di piombo con il nome.
Il 13 gennaio 1492, dopo interminabili discussioni e trattative con i monaci dell’abbazia verginiana, le ossa furono riportate a Napoli nel succorpo del Duomo ed unite al capo ed alle ampolle. Intanto le ossa del cranio erano state sistemate in un preziosissimo busto d’argento, opera di tre orafi provenzali, dono di Carlo II d’Angiò nel 1305, al Duomo di Napoli.
Successivamente nel 1646 il busto d’argento con il cranio e le ormai famose ampolline col sangue, furono poste nella nuova artistica Cappella del Tesoro, ricca di capolavori d’arte d’ogni genere. Le ampolle erano state incastonate in una teca preziosa fatta realizzare da Roberto d’Angiò, in un periodo imprecisato del suo lungo regno (1309-1343).
La teca assunse l’aspetto attuale nel XVII secolo, racchiuse fra due vetri circolari di circa dodici centimetri di diametro, vi sono le due ampolline, una più grande di forma ellittica schiacciata, ripiena per circa il 60% di sangue e quella più piccola cilindrica con solo alcune macchie rosso-brunastre sulle pareti; la liquefazione del sangue avviene solo in quella più grande.
Le altre reliquie poste in un’antica anfora, sono rimaste nella cripta del Duomo, su cui s’innalza l’abside e l’altare maggiore della grande Cattedrale. San Gennaro è conosciuto in tutto il mondo, grazie anche al culto esportato insieme ai tantissimi emigranti napoletani, suoi fedeli, non solo per i suoi prodigiosi interventi nel bloccare le calamità naturali, purtroppo ricorrenti che colpivano Napoli, come pestilenze, terremoti e le numerose eruzioni del vulcano Vesuvio, croce e vanto di tutto il Golfo di Napoli; ma anche per il famoso prodigio della liquefazione del sangue contenuto nelle antiche ampolle, completamente sigillate e custodite in una nicchia chiusa con porte d’argento, situata dietro l’altare principale, della già menzionata Cappella del Tesoro.
Il Tesoro è oggi custodito in un caveau di una banca, essendo ingente e preziosissimo, quale testimonianza dei doni fatti al santo patrono da sovrani, nobili e quanti altri abbiano ricevuto grazie per sua intercessione, o alla loro persona e famiglia o alla città stessa.
Le chiavi della nicchia, sono conservate dalla Deputazione del Tesoro di S. Gennaro, da secoli composta da nobili e illustri personaggi napoletani con a capo il sindaco della città. Il miracolo della liquefazione del sangue, che è opportuno dire non è un’esclusiva del santo vescovo, ma anche di altri santi e in altre città, ma che a Napoli ha assunto una valenza incredibile, secondo un antico documento, è avvenuto per la prima volta nel lontano 17 agosto 1389; non è escluso, perché non documentato, che sia avvenuto anche in precedenza.
Detto prodigio avviene da allora tre volte l’anno; nel primo sabato di maggio, in cui il busto ornato di preziosissimi paramenti vescovili e il reliquiario con la teca e le ampolle, vengono portati in processione, insieme ai busti d’argento dei numerosi santi compatroni di Napoli, anch’essi esposti nella suddetta Cappella del Tesoro, dal Duomo alla Basilica di S. Chiara, in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli, e qui dopo le rituali preghiere, avviene la liquefazione del sangue raggrumito; la seconda avviene il 19 settembre, ricorrenza della decapitazione, una volta avveniva nella Cappella del Tesoro, ma per il gran numero di fedeli, il busto e le reliquie sono oggi esposte sull’altare maggiore del Duomo, dove anche qui dopo ripetute preghiere, con la presenza del cardinale arcivescovo, autorità civili e fedeli, avviene il prodigio tra il tripudio generale.
Avvenuta la liquefazione la teca sorretta dall’arcivescovo, viene mostrata quasi capovolgendola ai fedeli e al bacio dei più vicini; il sangue rimane sciolto per tutta l’ottava successiva e i fedeli sono ammessi a vedere da vicini la teca e baciarla con un prelato che la muove per far constatare la liquidità, dopo gli otto giorni viene di nuovo riposta nella nicchia e chiusa a chiave. 
Una terza liquefazione avviene il 16 dicembre “festa del patrocinio di s. Gennaro”, in memoria della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le invocazioni al santo. Il prodigio così puntuale, non è sempre avvenuto, esiste un diario dei Canonici del Duomo che riporta nei secoli, anche le volte che il sangue non si è sciolto, oppure con ore e giorni di ritardo, oppure a volte è stato trovato già liquefatto quando sono state aperte le porte argentee per prelevare le ampolle; il miracolo a volte è avvenuto al di fuori delle date solite, per eventi straordinari.
Il popolo napoletano nei secoli ha voluto vedere nella velocità del prodigio, un auspicio positivo per il futuro della città, mentre una sua assenza o un prolungato ritardo è visto come fatto negativo per possibili calamità da venire. La catechesi costante degli ultimi arcivescovi di Napoli, ha convinto la maggioranza dei fedeli, che anche la mancanza del prodigio o il ritardo vanno vissuti con serenità e intensificazione semmai di una vita più cristiana.
Del resto questo “miracolo ballerino”, imprevedibile, è stato oggetto di profondi studi scientifici, l’ultimo nel 1988, con i quali usando l’esame spettroscopico, non potendosi aprire le ampolline sigillate da tanti secoli, si è potuto stabilire la presenza nel liquido di emoglobina, dunque sangue.
La liquefazione del sangue è innegabile e spiegazioni scientifiche finora non se ne sono trovate, come tutte le ipotesi contrarie formulate nei secoli, non sono mai state provate. È singolare il fatto, che a Pozzuoli, contemporaneamente al miracolo che avviene a Napoli, la pietra conservata nella chiesa di S. Gennaro, vicino alla Solfatara e che si crede sia il ceppo su cui il martire poggiò la testa per essere decapitato, diventa più rossa.
Pur essendo venuti tanti papi a Napoli in devoto omaggio e personalmente baciarono la teca lasciando doni, la Chiesa è bene ricordarlo, non si è mai pronunciata ufficialmente sul miracolo di San Gennaro.
Papa Paolo VI nel 1966, in un discorso ad un gruppo di pellegrini partenopei, richiamò chiaramente il prodigio: “…come questo sangue che ribolle ad ogni festa, così la fede del popolo di Napoli possa ribollire, rifiorire ed affermarsi”. 
____________________________________
 
____________________________________

 https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1243&bih=468&q=duomo+di+san+gennaro+napoli&oq=duomo+di+san+gennaro&gs_l=img.3.1.0l2j0i24l2.21369.26249.0.31327.20.13.0.0.0.0.993.3203.0j1j0j2j1j0j2.6.0...0.0...1ac.1.11.img.XyHPJfuEYc4#imgrc=_
____________________________________

La storia.
____________________________________

San Gennaro Vescovo e Martire.

Molti documenti antichi ci confermano che S. Gennaro è nato in Calabria precisamente a Caroniti , frazione di Ioppolo (paesino, fino a qualche anno fa in provincia di Catanzaro, ma ora di Vibo Valentia), nella seconda metà del III secolo, e fu eletto vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani.

Nel contesto delle persecuzioni di Diocleziano si inserisce la storia del suo martirio. Egli conosceva il diacono Sosso (o Sossio) che guidava la comunità cristiana di Miseno e che fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania. Gennaro saputo dell'arresto di Sosso, volle recarsi insieme a due compagni, Festo e Desiderio a portargli il suo conforto in carcere.

Dragonio informato della sua presenza e intromissione, fece arrestare anche loro tre, provocando le proteste di Procolo, diacono di Pozzuoli e di due fedeli cristiani della stessa città, Eutiche ed Acuzio.

Anche questi tre furono arrestati e condannati insieme agli altri a morire nell'anfiteatro, ancora oggi esistente, per essere sbranati dagli orsi. Ma durante i preparativi il proconsole Dragonio, si accorse che il popolo dimostrava simpatia verso i prigionieri e quindi prevedendo disordini durante i cosiddetti giochi, cambiò decisione e il 19 settembre del 305 fece decapitare i prigionieri. (Avvenire)

mercoledì 24 aprile 2013

La Basilica di San Francesco di Paola.

La Basilica di San Francesco di Paola.
 _____________________________________

L'immagine della Basilica di San Francesco di Paola in Napoli che a me piace di più è quella riprodotta nella foto che correda questo mio post, ma nel link che segue ne pot...rete vedere quante ne volete, anche di più belle e suggestive.

Foto: VEDI NAPOLI E POI MUORI ...
_____________________________________ 

L'immagine della Basilica di San Francesco di Paola in Napoli che a me piace di più è quella riprodotta nella foto che correda questo mio post, ma nel link che segue ne potrete vedere quante ne volete, anche di più belle e suggestive. 

https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1243&bih=468&q=basilica+di+san+francesco+di+paola%2C+napoli&oq=basilica+di+san+francesco+di+paola%2C+napoli&gs_l=img.3...12876.28236.0.28829.42.31.0.0.0.0.0.0..0.0...0.0...1ac.1.11.img.aeikgssutLQ 
_____________________________________ 

La storia.
_____________________________________ 

La Basilica Reale Pontificia di San Francesco da Paola (calabrese. alla pari di San Gennaro, il Santo Patrono della città di Napoli) è tra le più caratteristiche e celebri chiese di Napoli; è situata al centro del lato curvo di piazza del Plebiscito, davanti al Palazzo Reale: si tratta della più importante chiesa italiana del periodo neoclassico.

Nel 1809 Gioacchino Murat ordinò la demolizione degli antichi conventi del "Largo di Palazzo", attuale piazza del Plebiscito, e bandì un pubblico concorso per la realizzazione di una nuova piazza. 

All'architetto Leopoldo Laperuta fu affidata la costruzione dell'ampio portico a emiciclo sorretto da 38 colonne giganti di ordine dorico; esso doveva fronteggiare Palazzo Reale e rifarsi alla tradizione antica delle piazze porticate, luogo delle attività politiche, economiche, sociali e culturali della città.

Nel 1815 il re Ferdinando I delle Due Sicilie decise l'edificazione della basilica come ringraziamento a San Francesco di Paola per la riconquista del regno (ma si sostiene anche che la chiesa sia stata voluta come ex voto a San Francesco per la miracolosa guarigione del figlio di re Ferdinando I compiuta dal Santo); nel 1817 fu indetto un nuovo concorso, che fu vinto dall'architetto svizzero Pietro Bianchi di Lugano, il quale mostrò nella realizzazione della nuova chiesa grandi qualità ingegneristiche, attestate dalla solidità dell'opera e dall'intelligenza delle soluzioni tecniche. 

I lavori furono ultimati nel 1824, ma solo nel 1836 la chiesa venne inaugurata da Papa Gregorio XVI, che le conferì il titolo di Basilica Pontificia, la rese indipendente dalla Curia Arcivescovile di Napoli e concesse il privilegio ai suoi ministri di officiare con l'altare rivolto verso i fedeli.

Esterno

La chiesa, per la sua forma circolare, ricorda il Pantheon di Roma. 

La facciata è preceduta da un pronao formato da sei colonne e due pilastri di ordine ionico, che reggono un architrave sul quale è scolpita la dedica:

«D.O.M.D. FRANCISCO DE PAULA FERDINANDUS I EX VOTO A MDCCCXVI».

Il pronao è sormontato da un timpano classicheggiante ai cui vertici sono collocate le statue raffiguranti la Religione, tra San Francesco di Paola a sinistra, titolare della chiesa, e San Ferdinando, a destra, in onore del re Ferdinando. 

Il pronao è accessibile sia dal porticato, che dalla scalinata che sale dalla piazza. 

Nel porticato si trovano le statue delle quattro virtù cardinali e delle tre virtù teologali, mentre ai lati della scalinata avrebbero dovuto essere collocate due statue raffiguranti la Pietà e la Costanza, che simboleggiavano le virtù manifestate dal re e da Ferrante d'Aragona: al loro posto si decise invece di collocare le due statue equestri nella piazza, raffiguranti il re Ferdinando (opera di Antonio Canova) e il padre, Carlo III di Spagna (opera di Antonio Calì).

La chiesa è sormontata da tre cupole: quella centrale, alta 53 metri, è stata costruita su un alto ed ampio tamburo.

Interno

Si entra in un atrio, fiancheggiato da due cappelle; in quella a destra vi è un'opera giovanile di Luca Giordano, con Sant'Onofrio Orante.

Al centro la rotonda, dal diametro di 34 m, è coperta dalla cupola sorretta da 34 colonne di ordine corinzio alte 11 m e con fusti in marmo di Mondragone, alternate ad altrettanti pilastri.

Sopra il colonnato vi sono le tribune di corte e, lungo le pareti, da destra, otto statue: San Giovanni Crisostomo opera di Gennaro Calì, Sant'Ambrogio di Tito Angelini, San Luca di Antonio Calì, San Matteo, di Carlo Finelli, San Giovanni Evangelista, di Pietro Tenerani, San Marco di Giuseppe de Fabris, Sant'Agostino di Tommaso Arnaud e Sant'Attanasio di Angelo Solani.

Agli altari delle cappelle si trovano, da destra, i seguenti dipinti: San Nicola da Tolentino e San Francesco di Paola che riceve da un angelo lo stemma della carità, di Nicola Carta; l'Ultima comunione di San Ferdinando di Castiglia di Pietro Benvenuti; il Transito di San Giuseppe di Camillo Gerra; l'Immacolata e morte di Sant'Andrea Avellino di Tommaso de Vivo. 

Di fronte all'ingresso è l'altare maggiore, opera di Anselmo Cangiano del 1641, qui trasferito nel 1835 dalla chiesa dei Santi Apostoli, ricco di lapislazzuli e di pietre preziose. 

Ai lati due Angeli Teofori in cartapesta dorata.

Nell'abside, San Francesco di Paola resuscita il nipote morto, tela di Vincenzo Camuccini. 

Nella sagrestia, l'Immacolata di Gaspare Landi e la Circoncisione di Antonio Campi.

https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1243&bih=468&q=basilica+di+san+francesco+di+paola%2C+napoli&oq=basilica+di+san+francesco+di+paola%2C+napoli&gs_l=img.3...12876.28236.0.28829.42.31.0.0.0.0.0.0..0.0...0.0...1ac.1.11.img.aeikgssutLQ
_____________________________________

La storia.
_____________________________________

La Basilica Reale Pontificia di San Francesco da Paola (calabrese. alla pari di San Gennaro, il Santo Patrono della città di Napoli) è tra le più caratteristiche e celebri chiese di Napoli; è situata al centro del lato curvo di piazza del Plebiscito, davanti al Palazzo Reale: si tratta della più importante chiesa italiana del periodo neoclassico. 

martedì 23 aprile 2013

Napoli è la città più misteriosa d'Europa.

Napoli è la città più misteriosa d'Europa.
____________________________________

«Napoli è la più misteriosa città d'Europa, è la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. È la sola città del mondo che non è affondata nell'immane naufragio della civiltà antica».

«Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Non è una città: è un mondo. Il mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno. Napoli è l'altra Europa».

(Curzio Malaparte)
____________________________________


Foto: «Napoli è la più misteriosa città d'Europa, è la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. È la sola città del mondo che non è affondata nell'immane naufragio della civiltà antica». 

«Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Non è una città: è un mondo. Il mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno. Napoli è l'altra Europa».

Curzio Malaparte
Napoli è la città più misteriosa d'Europa.
____________________________________

lunedì 22 aprile 2013

'E pezziènte so sempe 'e cchiù superbe!

'E pezziènte so sempe 'e cchiù superbe!

(I pezzenti - da intendersi non nel senso di economicamente poveri o di socialmente inferiori, ma nel solo senso di miserabili dentro, cioè nell'anima o nel cuore - sono sempre i più superbi; e chissà perché ...)
____________________________________

'E pezziènte so sempe 'e cchiù superbe!
____________________________________